Come intervenire se si sospetta che un bambino subisce maltrattamenti
La violenza nei confronti dell’infanzia è un fenomeno molto più esteso di quanto si possa immaginare, sia a livello globale che nazionale, e produce importanti e spesso drammatiche conseguenze sulla personalità e la salute di bambini e bambine, con un impatto anche sulla loro vita da adulti. Gli ultimi dati disponibili dicono che a livello globale 3 bambini su 4 tra i 2 e i 4 anni (circa 300 milioni in totale) sono vittime di punizioni corporali e/o violenza fisica (WHO, 2020) e che un bambino su 2 nel mondo è vittima di una qualche forma di violenza.
Il maltrattamento nei confronti dell’infanzia costituisce un problema grave e trasversale a tutte le età e tutti i contesti sociali della popolazione.
Purtroppo, però, i casi segnalati e denunciati rappresentano una parte molto limitata rispetto a quelli realmente presenti. In Italia sono più di 400.000 i minori in carico ai servizi sociali e per i quali è stata attivata una qualche forma di tutela e protezione. Il maltrattamento può avvenire in contesti diversi e gli autori possono essere: genitori e altri membri della famiglia, amici, conoscenti, estranei, altre persone con posizioni di autorità, come insegnanti, operatori, altri minori, ecc...
Proteggere i bambini: il ruolo dei professionisti dell’infanzia
Proteggere i bambini dalla violenza, dagli abusi e dal maltrattamento è responsabilità di tutti. Le famiglie, le comunità, gli enti pubblici e le organizzazioni del terzo settore svolgono insieme un ruolo fondamentale nel garantire il diritto alla protezione di bambini e bambine, come sancito dall’articolo 19 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Tra gli adulti che gravitano nel contesto di vita del bambino i professionisti dell’infanzia, come insegnanti, educatori, pediatri, sono osservatori privilegiati del loro quotidiano percorso evolutivo. Proprio per questa ragione possono riconoscere precocemente situazioni di vulnerabilità, disagio o pregiudizio e fungere da figure protettive, attivando tempestivi interventi di sostegno e protezione del minore attraverso l’invio ad altre agenzie o, quando necessario, attraverso la segnalazione del sospetto pregiudizio all’Autorità Giudiziaria.
Certo trovarsi di fronte ad una situazione di sospetto abuso non è semplice. Quanto più i professionisti e gli operatori che hanno responsabilità di cura, di assistenza e di educazione nei confronti dell’infanzia accrescono conoscenze e competenze per rilevare e segnalare tali abusi, tanto più si acquisisce consapevolezza dell’estensione del problema e della necessità di contrastarlo. Nonostante ciò, purtroppo il fenomeno del maltrattamento non è tematica di studio nella formazione universitaria di futuri insegnanti, educatori e pediatri ad esempio.
La complessità dell’approccio agli abusi impegna qualsiasi professionista dell’infanzia a considerare un intreccio di relazioni e di emozioni che influenzano fortemente tutto l’intervento. Il professionista, di fronte a una sospetta situazione di maltrattamento intrafamiliare dovrà confrontarsi con:
- La relazione con il bambino sospetta vittima di maltrattamento
- La relazione con la famiglia.
- La relazione con i colleghi e, nel caso della scuola ad esempio, con il dirigente scolastico.
- La relazione con i servizi esterni specialistici.
- La relazione con le autorità competenti.
- Gli aspetti emotivi del professionista.
Il sospetto abuso e la segnalazione
Nelle scuole, ma in generale in tutte le organizzazioni che offrono servizi educativi, ricreativi, sportivi per bambini e bambine, si può sempre e solo parlare di “sospetto abuso” in quanto:
- rilevare segni di disagio o malessere non è sufficiente per definire una situazione come “abuso”,
- per accertare l’abuso dovranno essere realizzate una serie di valutazioni da enti specialistici che possono essere di natura medica, psicologica o sociale.
- Quando si parla di maltrattamenti si fa spesso riferimento a situazioni complesse e sfumate. A volte questi invece avvengono in modo così evidente che l’unica risposta è la segnalazione alle Autorità.
- Quando a essere osservati sono reati procedibili d’ufficio, ossia quei reati per cui la legge non prevede come necessaria la querela da parte della persona offesa per procedere (reati sessuali, lesioni personali, abuso di mezzi di correzione), vige un obbligo di denuncia per coloro che rivestono la qualifica di Pubblici Ufficiali o Incaricati di Pubblico Servizio (operatori sanitari e assistenziali nelle strutture pubbliche, a prescindere dal tipo di rapporto di servizio instaurato, nonché gli insegnanti delle scuole pubbliche o private convenzionate) che nell’esercizio delle loro funzioni, sono venuti a conoscenza del comportamento illecito.
È importante ricordare che l’operatore non deve avere la certezza che vi sia in atto un reato, ma è sufficiente il “ragionevole dubbio” ( che può derivare dalle informazioni raccolte nell’esercizio delle proprie funzioni, da notizie allarmanti sul bimbo o sulla famiglia raccolte durante l’esercizio delle proprie funzioni o dalla presenza di indicatori fisici, psicologico e/o comportamentali di maltrattamento notati o rilevati nell’esercizio delle proprie funzioni).
In queste situazioni il sospetto maltrattante, che sia un genitore, un familiare o altro, non va informato, poiché, trovandosi in presenza di una segnalazione di ipotesi di reato all’autorità giudiziaria, informare il potenziale reo e/o i suoi familiari violerebbe il segreto istruttorio e potrebbe alterare il corso delle indagini, pregiudicandone l’esito.
Altre volte invece il maltrattamento può essere più subdolo, meno evidente e così sottile da poter essere riconosciuto solo prestando molta attenzione come ad esempio le forme di trascuratezza che spesso vengono percepite come trattamenti negligenti non gravi perché privi di aspetti eclatanti (non ci sono segni fisici evidenti e non viene riferito un abuso). In questi casi può non essere chiaro il confine tra disagio e ipotesi di reato, in quanto vi possono essere delle situazioni “grigie” di non facile interpretazione e diventa utile per il professionista cercare un confronto con il Servizio Sociale di zona per capire come sia meglio muoversi.
Una guida per i professionisti
Proprio al fine di rafforzare il ruolo della comunità di cura come elemento e cordone protettivo della prima infanzia, abbiamo realizzato insieme alla Cooperativa EDI Onlus, all’Associazione Focolare Maria Regina e a Edizioni Centro Studi Erickson, un Vademecum che ha l’obiettivo di guidare il professionista (educatore, insegnante, pediatra ecc) nel decidere nel modo migliore quali azioni sono necessarie per tutelare e proteggere i bambini e le famiglie.
Il Vademecum è allegato alla pubblicazione “Riprendere insieme a volare” che mette al centro le tematiche dell’abuso e del maltrattamento.