La situazione dei bambini siriani a sette anni dalla guerra
Il possibile e imminente assalto alla provincia di Idlib metterebbe a rischio un milione di bambini e un’intera comunità già allo stremo delle forze.
Idlib, la regione Nord Ovest della Siria, ospita ad oggi il più alto numero di sfollati interni ed è una delle aree del paese a più alta emergenza umanitaria. Molti i bambini che sono stati costretti a lasciare le proprie case, alcuni anche più di sette volte dall’inizio del conflitto. La maggior parte di loro oggi vive in campi per rifugiati sovraffollati o in ripari di fortuna in aree rurali.
Un’offensiva in questa regione avrebbe un impatto devastante su oltre tre milioni di persone, di cui circa la metà sono già stati sfollati negli anni precedenti del conflitto e hanno raggiunto la regione con nient’altro che qualche vestito di ricambio.
Le varie parti coinvolte nel conflitto continuano a perpetrare sistematiche violazioni dei diritti umani, mettendo soprattutto i bambini a rischio di abusi e sfruttamento. I minori siriani sono infatti quotidianamente costretti ad affrontare il rischio di morte, di menomazione o di venire separati dalla propria famiglia. Le comunità di Idlib sono ormai allo stremo.
Sono gravissime anche le conseguenze sulla salute mentale delle persone coinvolte nel conflitto, che rischiano di lasciare milioni di bambini compromessi in maniera irreversibile dalle cicatrici psicologiche causate dai traumi della guerra. Vivere in uno stato costante di paura può creare infatti la persistenza di uno stato conosciuto come “stress tossico” che, se non viene curato, può avere un impatto di lungo termine non solo sulla salute mentale ma anche fisica dei bambini, aumentando il rischio di malattie al cuore, diabete, depressione e abuso di sostanze.
Anche l’istruzione scolastica è stata seriamente compromessa: più di 2 milioni di bambini in Siria e un ulteriore milione di minori sfollati nei campi per rifugiati non hanno la possibilità di frequentare la scuola. Sono molteplici gli ostacoli che compromettono l’accesso all’istruzione scolastica, come la povertà che spinge i bambini al lavoro o ai matrimoni precoci, ma anche la carenza di insegnanti e di luoghi adeguati in cui svolgere le lezioni. È cresciuto anche il rischio che i bambini vengano reclutati per combattere o per presidiare checkpoint e caserme. Il 50% dei bambini con cui abbiamo parlato non si sente al sicuro all’interno degli spazi scolastici, mentre il 40% non si sente al sicuro neanche di giocare fuori la propria porta di casa.
I nostri operatori sul campo hanno raccolto le testimonianze dirette di Ahmed e Omar che a Idlib stanno vivendo insieme alle loro famiglie il terrore degli attacchi aerei e della possibile offensiva che colpirebbe un milione di bambini.
Per approfondire leggi il comunicato stampa.