Guerra in Siria: l’infanzia perduta a 10 anni dall’inizio del conflitto
Oggi, in Siria, a 10 anni dall’inizio della guerra sono 2 milioni i bambini e le bambine tagliati fuori dalla scuola e altri 1,3 milioni rischiano fortemente di perdere l’istruzione.
Non solo un danno sull’educazione, l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e 6,2 milioni di bambini rischiano di soffrire la fame, con almeno 137 mila minori sotto i cinque anni di età che già in questo momento stanno combattendo con la malnutrizione acuta.
Siria: nel 2020 1.454 minori uccisi o feriti
Solo nel 2020 ci sono state 2.600 gravi violazioni nei confronti dei minori e 1.454 tra bambine e bambini sono stati uccisi o sono rimasti gravemente feriti. Sono stati registrati 157 attacchi armati contro le scuole e in quasi 1 famiglia siriana su 3 i figli mostrano evidenti segnali di stress psicosociale dovuti al conflitto e alle paure ad esso connesse.
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Guerra in Siria: il triste anniversario del 10° anno di conflitto
A pochi giorni dalla data esatta dell’inizio del conflitto, il 15 marzo 2011, ovvero 10 anni fa, i numeri che si continuano a registrare sono impietosi; la guerra continua a rubare l’infanzia ai bambini. Centinaia di migliaia di persone hanno perso la vita e milioni di bambini e adulti sono fuggiti dal Paese.
Per tenere alta l’attenzione sulle conseguenze della guerra sui bambini siriani diffondiamo oggi il nuovo rapporto “Ovunque, ma non in Siria”, nell’ambito della campagna “Stop alla guerra sui bambini”.
Nel report leggiamo che quasi 9 bambini rifugiati siriani su 10, tra coloro che oggi vivono in Giordania, Libano, Turchia e Paesi Bassi non vogliono tornare in Siria, un Paese in cui in questo momento non riescono a immaginare il proprio futuro. E tra i bambini sfollati che si trovano attualmente tra i confini del Paese 1 su 3 preferirebbe vivere altrove.
“Questa guerra orribile e infinita, che dopo dieci anni continua ad avere conseguenze disastrose sulla popolazione, sta strappando l’infanzia dalle mani di milioni di bambini siriani. Tutto questo è semplicemente inaccettabile: il mondo non può voltarsi dall’altra parte mentre i bambini vengono derubati del loro futuro. Questo conflitto prolungato rischia di avere conseguenze anche a lungo termine sulla vita e sullo sviluppo dei minori, sia in Siria che negli altri Paesi, minando alla radice le loro opportunità di studiare e crescere coltivando i propri sogni, come ogni bambino al mondo dovrebbe poter fare. Tutti i bambini siriani hanno bisogno di sentirsi protetti e al sicuro. Bisogna fare di tutto per ricostruire il loro futuro e restituire quell’infanzia che è stata loro brutalmente strappata dalle mani e alla quale hanno semplicemente diritto”, ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children.
Lo scarso accesso all’istruzione dei bambini rifugiati siriani
Bambine e bambini fuggiti dalle loro case in Siria, in cerca di un luogo dove sentirsi al sicuro, continuano a dover fare i conti con discriminazioni e scarso accesso all’istruzione, come confermano 2 minori su 5 tra quelli che abbiamo ascoltato. In Libano, per esempio, il 44% dei minori siriani non va a scuola, il 36% in Giordania e il 35% in Turchia, Paese che ospita attualmente 3,7 milioni di rifugiati siriani e più di 300 mila richiedenti asilo, di cui il 46% sono bambini.
L’impossibilità di affrontare i costi scolastici (41%), discriminazioni (29%), motivi di sicurezza (19%) e mancanza di documenti (19%) sono le principali ragioni che tengono i minori lontani dalla scuola elencate da coloro che oggi non possono studiare.
Inoltre, il 44% di tutti i bambini coinvolti nell’indagine afferma di aver subìto discriminazioni, nel proprio quartiere o a scuola, percentuale che arriva al 58% se a rispondere sono i minori che oggi si trovano in Siria.
“Nella nostra vita abbiamo conosciuto solo la guerra. Qui in Siria la nostra vita è difficile, la nostra casa è stata distrutta e ora viviamo in una tenda. Vorrei vivere in un altro Paese, dove poter stare al sicuro, andare a scuola, giocare. Qui non mi sento al sicuro qui, ho paura”, è la testimonianza di Lara*, 7 anni, che tre anni fa è stata costretta, insieme alla sua famiglia, a fuggire dalla sua città natale a Maarat al-Numan. Da allora la sua famiglia è stata costretta più volte alla fuga e oggi vive in un campo per sfollati a Idlib.
Il sogno che un giorno la guerra possa finire
Più di 1 bambino su 4, tra tutti quelli intervistati, ha detto che il suo più grande sogno è che un giorno la guerra nel loro Paese possa finalmente finire; per il 18% il maggiore desiderio è quello di andare a scuola e continuare a studiare.
“La pandemia, che noi tutti stiamo vivendo, ci ha ricordato in maniera forte l’importanza della compassione, dell'umanità e della condivisione delle responsabilità che va oltre i confini. È fondamentale non perdere altro tempo e agire subito per proteggere il futuro dei bambini siriani ed evitare che anche una seconda generazione possa perdere il diritto di vivere l’infanzia e il futuro al quale ha diritto. Chiediamo a tutte le parti coinvolte di proteggere i bambini siriani dalla violenza fisica e psicologica che da dieci anni continua ad affliggere le loro vite. Questi bambini hanno il diritto di crescere in un luogo in cui siano finalmente liberi dalla paura, in cui debbano continuamente fuggire dalle loro abitazioni e in cui non vengano più discriminati per la loro provenienza”, ha detto ancora Daniela Fatarella.
Sin dalle prime fasi della crisi siriana, abbiamo dato avvio a un ampio ventaglio di interventi in Siria e nei Paesi limitrofi. Ad oggi siamo riusciti a raggiungere 4,2 milioni di persone, di cui 2,6 milioni di bambini e bambine grazie a programmi di emergenza e aiuti salvavita, sostegno ai bambini e alle famiglie più vulnerabili, interventi di salute e igiene, supporto alimentare e nutrizionale, supporto psicosociale e attività di protezione. Siamo inoltre impegnati a favorire il diritto all’istruzione dei minori e sosteniamo le famiglie nella ricerca di mezzi di sussistenza e di attività generatrici di reddito.
*nomi di fantasia per tutelare l’identità dei minori intervistati