Minori e conflitti: deficit di finanziamenti per la protezione dell’infanzia
I leader mondiali si sono riuniti per la Conferenza di Oslo sulla protezione dei bambini nei conflitti armati. Ci auguriamo che la Conferenza rappresenti un punto di svolta per la protezione dei bambini nei conflitti armati.
Con finanziamenti adeguati, l'impatto della violenza sulla vita di un bambino può essere ridotto. Lo dimostriamo attraverso il nuovo rapporto lanciato insieme ai nostri partner: "Unprotected: An Analysis of Funding for Child Protection in Armed Conflict", che sottolinea come in molti Paesi dove la guerra e la violenza persistono, il finanziamento non tenga il passo con il crescente numero di famiglie e bambini a rischio.
I servizi di protezione all’infanzia
I servizi di protezione dell'infanzia sono fondamentali per proteggere i bambini e le bambine dai pericoli, in particolare per coloro che vivono in zone di guerra o nei Paesi colpiti da conflitti. Servono a salvaguardare i minori dalle gravi violazioni che si verificano durante i conflitti, compreso il reclutamento e l'utilizzo da parte di gruppi armati, i matrimoni precoci, la violenza sessuale, l'uccisione e la mutilazione.
I finanziamenti possono anche essere utilizzati per sostenere gli adulti di riferimento che si prendono cura dei minori non accompagnati o le famiglie in povertà che lottano per prendersi cura dei propri figli. Nel 2022 circa 22,4 milioni di bambini bisognosi e i loro adulti di riferimento sono stati destinatari di servizi di protezione dell'infanzia che richiedono un finanziamento di quasi 795 milioni di dollari. Tuttavia, i governi hanno trovato solo il 19% dei fondi necessari, creando un vuoto finanziario di oltre 646 milioni di dollari e lasciando quasi 18 milioni di bambini, bambine e adulti di riferimento senza aiuto e sostegno.
Dal rapporto Unprotected emerge che se il sottofinanziamento dei servizi continuerà, entro il 2026 ci sarà un deficit di 1 miliardo di dollari per la protezione dei bambini nelle zone di conflitto.
Proteggere i minori che vivono in conflitto
L'incapacità di proteggere i bambini e le bambine più vulnerabili nelle peggiori zone di guerra è alla base del fallimento dei Paesi nel soddisfare uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite per il 2030: la promozione della pace. Gli SDGs sono stati adottati nel 2015, ma da allora il numero di bambini che vivono in zone di conflitto è aumentato di quasi il 28%, salendo a 468 milioni lo scorso anno. Da "Unprotected", mostriamo come la protezione dell’infanzia in zone di guerra sia sempre più messa a dura prova.
- In Europa il numero di bambini esposti al conflitto è quadruplicato in un solo anno, passando da due a nove milioni di bambini, alimentato dalla guerra in Ucraina.
- L'Africa è rimasta la regione con il numero più alto di minori che vivono in zone di conflitto: circa 183 milioni.
- L'Africa occidentale e centrale è anche la regione con il maggior numero di bambini reclutati dai gruppi armati.
- Al pari degli anni precedenti, il Medio Oriente ha continuato ad avere la quota più alta di bambini che vivono in zone di conflitto rispetto alla popolazione infantile totale: il 39% dei minori nella regione, ovvero uno su tre.
Nel 2022 circa 468 milioni di bambini, più di 1 su 6, vivevano in una zona di conflitto. Questo numero è quasi raddoppiato dalla metà degli anni '90. Prendi parte anche tu alla campagna #Bambinisottoattacco e chiedi insieme a noi che i crimini di guerra contro i bambini siano perseguiti e i responsabili assicurati alla giustizia. Firma la petizione.
La testimonianza di Junior: bambino soldato
Tra i molteplici rischi e pericoli che corre un minore che vive in guerra, c’è anche quello di essere separato dalla famiglia durante le ostilità e diventare il bersaglio dei trafficanti e di coloro che li costringono a lavorare, anche reclutati come soldati. Dal campo ci arriva la testimonianza di Junior, un ragazzo di ormai 17 anni, che nel 2018 è stato reclutato come bambino soldato in un gruppo armato. Si trovava nel suo paese d’origine, la Repubblica Democratica del Congo, all'età di 12 anni è stato separato dalla sua famiglia a causa delle violenze perpetrate dai gruppi armati nella sua comunità. “Gli amici mi hanno convinto a unirmi a un gruppo di vigilanti armati per difendere la nostra comunità dagli attacchi di altri gruppi armati – ha detto - Non avevo un posto dove dormire e non mangiavo bene. Ero incaricato di cercare cibo per i combattenti. Spesso ero costretto ad andare in città a rubare, mi riposavo solo dopo aver provveduto al sostentamento del nostro capo. È stato difficile per me. Ero uno schiavo e ho vissuto una vita di servitù... C'erano tre ragazzi e una ragazza nel nostro gruppo. La ragazza doveva andare a letto con il nostro capo tutti i giorni... Per due volte sono andato in battaglia contro altri gruppi armati. Non potevo sopportare questa violenza e queste atrocità. Fortunatamente per me, ne sono uscito vivo".
Dopo ben 8 mesi, Junior è stato liberato grazie a un progetto gestito da un'organizzazione partner di Save the Children. Da allora ha beneficiato di un sostegno psicologico e ha scoperto e seguito la sua passione come sarto.
Per approfondire leggi il comunicato stampa.