Voci dal Campo, India - Viaggio a Mumbai (FOTO)
Pubblichiamo oggi la testimonianza di Annalaura Anselmi, recetemente tornata dall'India. A Mumbay, in India, è in corso un progetto pilota di Centri di Educazione Mobile, dei grandi autobus attrezzati come aule scolastiche, che arrivano dove la scuola non riesce ad arrivare: negli slum ai margini della città. Qui vi raccontiamo una mattina in uno di questi autobus, che Annalaura, una nostra collega, ha visitato insieme ad un gruppo di dipendenti di Bulgari, poiché l’azienda supporto vari progetti di educazione in India.
Il progetto è partito a marzo: finora 270 bambini e ragazzi di strada sono saliti in questo autobus. Questa non è una semplice busta. È una busta straordinaria. Lo so che vi state chiedendo perché: è un’ordinaria busta di cartone, anche un po’ storta e stropicciata, oggettivamente un po’ bruttina. Ma fidatevi, questa è la busta più bella del mondo, perché l’ho fatta a mano insieme ai bambini che stamattina erano nella scuola mobile di Save the Children nello slum di Shivaji Nagar, dove di normale purtroppo non c’è niente. Con me, oltre ai colleghi di Save the Children India, un gruppo di dipendenti Bulgari, l’azienda che finanzia numerosi progetti di educazione in tutto il mondo, grazie alle vendite di un anello dedicato a Save the Children. Shivaji Nagar è uno degli slum più poveri di Mumbai, megalopoli di oltre 13 milioni di persone. Qui arrivano da tutta l’India alla ricerca di un futuro migliore, ma si ritrovano a vivere ai margini, in alloggi di fortuna come questi, nel migliore dei casi sotto un tetto di lamiera, con il rivolo della fogna a cielo aperto di fronte casa, in un sentierino angusto di terra battuta che durante i monsoni si trasforma in una palude putrida che ti arriva alle caviglie. A Shivaji Nagar arrivano ancora in migliaia ogni anno dalle zone più povere dell’India, spinti dalla fame, dal miraggio della città, dalla speranza. A volte la loro casa è una tenda improvvisata fatta solo di spessi teli di plastica azzurra. Il panorama sono le imponenti colline di spazzatura della più grande discarica di Mumbai che lambisce lo slum e ne rappresenta l’unica sopravvivenza: rovistare nella spazzatura, dividere con le mani nude i rifiuti per poche rupie al giorno. Bambini inclusi ovviamente, che se non vanno in discarica, escono dallo slum per andare a chiedere l’elemosina.
Ed è qui che entra in scena il nostro autobus, un’isola felice tra la discarica e le baracche, frequentata da bambini dai 3 ai 14 anni, che non hanno mai preso in mano un foglio e una matita colorata, che non hanno mai messo piede in un asilo, in un parco giochi, in una scuola. Bambini che a 5-6 anni lavorano già, o chiedono l’elemosina. Che nel migliore dei casi, vagano tutto il giorno senza meta, mentre i genitori lavorano, completamente abbandonati a se stessi. In un posto del genere la scuola è l’ultimo dei pensieri, quando invece potrebbe essere l’unica via per un futuro migliore. Per questo siamo qui. Il team di Save the Children ha un piccolo ufficio nello slum, con operatori ed educatori che non si arrendono e provano a cambiarlo il futuro di questi bambini. Le lezioni nell’autobus sono solo la fine di un percorso lungo mesi, nei quali i nostri operatori entrano in contatto con le famiglie, vanno a trovare i genitori a casa, gli spiegano l’importanza dell’educazione e così via. Quando riescono a convincerli arriva lo scoglio più duro: i bambini. Molti di loro già lavorano e non vogliono rinunciare a quelle poche rupie per passare la mattina dentro un autobus ad imparare chissà cosa.
Viaggo a Mumbai, il bus di Save the Children
Ma alla fine la perseveranza è premiata e da marzo ben 270 ragazzi e bambini dello slum si sono fatti convincere ad entrare in questo autobus colorato, pulito, sicuro, con le lettere dell’alfabeto attaccate alle pareti, un planetario disegnato sul soffitto e tante attività da fare: dai disegni alla costruzione di oggetti con materiale da riciclo, fino ad imparare a leggere, a scrivere, a fare i conti. Non è una vera e propria scuola, è un primo accesso all’istruzione di base, per prendere dimestichezza con le nozioni di base, per imparare ad interagire con gli altri, a leggere e memorizzare nuove parole. È una sorta di ponte tra la discarica e la scuola vera. E sembra un ponte funzionante, se dei 270 ragazzini che sono passati di qua in questi mesi, 70 hanno cominciato la scuola, sempre seguiti dagli educatori di Save the Children che continuano ad accompagnarli strada facendo. Entriamo in quest’aula su ruote circondati da bambini vispissimi e chiassosi: ci dividiamo in gruppi, un educatore ogni 6-7 bambini. Incuriositi dalla novità della nostra visita, ci si fanno intorno, alcuni timidi ci guardano accennando un sorriso, altri più intraprendenti ci fanno vedere con orgoglio i quaderni pieni di lettere, disegni, voti e operazioni aritmetiche.
Oggi si comincia appunto con un cartoncino celeste, della colla e un po’ di cordoncino, per realizzare una busta. Ci mettiamo al lavoro: è bello vederli così concentrati, piegare la carta, aiutare i compagni, passarmi la colla e prendermi in giro perché sto piegando male il foglio. Loro, che con quei fogli ci giocano per la prima volta, dopo averli visti solo sottoforma di cartastraccia da recuperare, tra le colline di rifiuti della discarica. E dopo il lavoro manuale seguono le canzoni per imparare l’alfabeto, le domande degli insegnanti, le alzate di mano, le risposte in coro. Mi sembra un miracolo vederli ridere, rispondere velocissimi, scrivere sui quaderni, obbedire ai maestri e aiutare i compagni, considerando dove vivono e a cosa sopravvivono ogni giorno. Ora mi sembra una classe qualsiasi di una qualsiasi scuola elementare colorata e piena di entusiasmo. E con me, anche gli ospiti Bulgari appaiono entusiasti, anche loro a costruire buste di carta, felici di poter finalmente toccare con mano i progetti che contribuiscono a finanziare. Quasi mi dimentico cosa c’è fuori dal finestrino. Quasi mi dimentico dell’odore saturo e nauseante della discarica che riempie l’aria e che è a 200 metri da me, quasi mi dimentico delle vie anguste attraversate da un rigagnolo melmoso che abbiamo attraversato per arrivare qui. Ma la cosa straordinaria è che qua dentro, se ne dimenticano anche questi ragazzini vispi dai grandi occhi neri, che a fine giornata si sbracciano dai finestrini per urlarmi “ciao!”, come gli ho appena insegnato. Ragazzini per i quali può cominciare un futuro diverso, dal capolinea di questo autobus colorato.
Ora so che sarete d’accordo con me. Questa è una busta meravigliosa! Annalaura Anselmi lavora per Save the Children dal 2009 occupandosi di Marketing e Raccolta Fondi. Ha scelto il no profit per passione 10 anni fa. Ha una laurea in Scienze della Comunicazione e una in Consulente esperto in processi di pace cooperazione e sviluppo.