Save the Children e il reinserimento sociale degli ex bambini soldato in Sud Sudan
È una tiepida mattina romana di inizio aprile quando accompagno il mio nipotino all’asilo, lo affido alle cure delle maestre e lo saluto cercando di trattenere a stento le lacrime, come ogni volta che parto: la zia ora va al lavoro, torna in Africa. Due settimane dopo. Eccomi di nuovo concentrata ad analizzare i dati sconcertanti riguardanti i bambini sud sudanesi. È costituito da bambini il 50% di circa 1 milione e mezzo di sfollati interni. 12 mila sono i bambini soldato, secondo dati UNICEF. Sono bambini il 65%-70% dei rifugiati sud sudanesi nei paesi limitrofi, fuggiti dalla guerra, per lo più non accompagnati da adulti. Siamo in Sud Sudan, in quella che è una delle peggiori crisi umanitarie del mondo, nonostante sia uscita dall’interesse della stampa internazionale, troppo assorbita da conflitti - apparentemente - di maggior interesse geopolitico. Di fatto nella guerra sud sudanese di interessi se ne sommano tanti e coinvolgono attori regionali ed internazionali (Kenya, Etiopia, Sudan, Uganda, Cina e Stati Uniti) ruotando attorno ai giacimenti di idrocarburi, le cui riserve rendono il Paese il quarto produttore petrolifero dell’Africa Sub Sahariana. E così le due fazioni interne, in lotta aperta per il potere dal 15 dicembre 2013, quella del Presidente Salva Kiir, di etnia Dinka e quella ribelle del suo ex-vice Riek Machar, di etnia Nuer, sono di fatto appoggiate dall’una o dell’altra potenza internazionale, compresa la fornitura di ingenti quantitativi di armi da parte della Cina. Entrambe le fazioni si caratterizzano per l’utilizzo di bambini soldato, per lo più strappati alle famiglie, rapiti addirittura nelle scuole, che dovrebbero essere i luoghi che li proteggono. In realtà l’arruolamento di bambini soldato in Sud Sudan non è da far risalire allo scoppio del conflitto Machar – Kiir. Un altro generale ribelle al Governo, David Yau Yau, questa volta di etnia Murle, già dal 2012 aveva iniziato ad arruolare nelle fila della Cobra Faction un esercito di 3 mila minori, che si sommano ai 12 mila legati all’attuale conflitto. Interessi internazionali, conflitti etnici, bambini educati a fare la guerra, assenza di scuole (distrutte, occupate da esercito, ribelli o persone in fuga). Una spirale disastrosa che deve essere fermata. Piccoli grandi successi. Da gennaio 2015 è iniziato il rilascio dei 3.000 minori arruolati nell’esercito di David Yau Yau. Save the Children, insieme ad UNICEF ed altre organizzazioni locali ed internazionali, si è subito attivata per il reinserimento sociale e il sostegno psicologico a questi bambini, alcuni dei quali non sono mai andati a scuola ed hanno passato gli ultimi 4 anni della loro vita (un terzo della loro vita !) in addestramento militare, partecipando alle azioni di combattimento. Si tratta principalmente di maschi tra gli 11 e i 17 anni, ma ci sono anche bambine. Alcuni dicono di essersi uniti “volontariamente all’esercito ribelle, perché la gente delle loro comunità stava morendo” Il percorso di riabilitazione sociale è lungo, ma è possibile. I costi per il reintegro di ogni ex bambino soldato ammontano a circa 2.000 dollari, nell'arco di 24 mesi. Save the Children Italia si è subito mobilitata e, grazie al sostegno di tanti donatori, è stata in grado di inviare un primo importante contributo. Serve di più ovviamente, ma insieme alle politiche internazionali, l’unica speranza per cambiare il futuro di un paese e il presente di questi bambini, è investire sul loro reinserimento e sulla loro educazione. E’ per questo che Save the Children è allo stesso tempo impegnata nella costruzione di scuole in Sud Sudan, così come nella formazione di insegnanti. Il grande Mandela, che mi permetto di citare, ci ricorda che “l’educazione è l’arma più potente che si può usare per cambiare il mondo”. Il mio sogno? Tornare tra qualche anno in Sud Sudan con il mio nipotino e portarlo a visitare i bambini sud sudanesi, nelle loro scuole. Per aiutarci in Emergenze come quella del Sud Sudan puoi supportarci attraverso il Fondo emergenze per i bambini