Ogni minuto un bambino muore a causa dell’acqua contaminata
Tra le principali cause di mortalità infantile vi sono malattie contratte attraverso l’acqua, se a livello globale quasi 1 persona su 3 (2,1 miliardi) non ha accesso ad acqua sicura e 1 su 9 ai servizi igienici, l’acqua contaminata è uno dei maggiori vettori di malattie quali il colera, la dissenteria, il tifo, la poliomielite e la diarrea; solo quest’ultima provoca ogni giorno il decesso di circa 1.000 bambini sotto i 5 anni, 361.000 in un anno.
“Già oggi 159 milioni di persone raccolgono l’acqua da laghi, pozze, fiumi e entro il 2025 metà della popolazione mondiale vivrà in aree dove è scarsa. È necessario adoperarsi col massimo impegno per garantire a un più ampio numero di minori l’accesso a questa essenziale risorsa in condizioni di sicurezza e ai servizi igienico-sanitari di base: non possiamo accettare che ogni anno centinaia di migliaia di bambini muoiano per patologie facilmente prevenibili contratte per mezzo dell’acqua” ha dichiarato Daniela Fatarella, vice-direttrice di Save the Children.
Di fronte alla poca disponibilità d’acqua, per esempio, è spesso considerato superfluo un gesto semplice come lavarsi le mani, che da solo può abbattere l’incidenza della diarrea infantile fino al 53% e quella della polmonite fino al 50%.
“La mancanza d’acqua innesca un circolo vizioso per cui, tra fonti contaminate e servizi igienico-sanitari carenti, le probabilità di contrarre patologie potenzialmente letali per i più vulnerabili, come i bambini, aumentano pericolosamente” ha aggiunto Fatarella. “A questa catena di conseguenze negative si aggiungono ulteriori anelli nel caso della siccità, che è accompagnata da complicazioni quali l’insicurezza alimentare e, dunque, dalla diffusione di elevati livelli di malnutrizione”.
Nell’Africa orientale, in particolare, la siccità, unita ai conflitti endemici dell’area, ha condotto nel 2017 alla peggiore carestia degli ultimi anni. L’impossibilità di coltivare e la morte del bestiame causate dalla mancanza d’acqua hanno portato a una gravissima insicurezza alimentare che ha colpito 21 milioni di persone in Somalia, Etiopia, Kenya e Sud Sudan.