Mense italiane: troppe disuguaglianze nei criteri di accesso
In Italia i criteri di accesso alle mense non sono omogenei e in alcuni casi, se i genitori non riescono a pagare la retta, i figli non possono accedere alla sala mensa e sono costretti a mangiare da soli in classe, trovandosi così in una situazione che li marginalizza. Qual è la tua esperienza in merito?
Nel marzo del 2012 il Comune di Vigevano ha adottato una delibera che colpisce duramente i bambini più svantaggiati. La delibera numero 51/2012 impone anche alle famiglie con i redditi più bassi, che tuttavia non sono in carico ai Servizi Sociali, il pagamento del servizio di mensa scolastica per i propri bambini e stabilisce che basta che una famiglia non paghi anche una sola retta (120€ a fascia massima) perché il bambino sia escluso dal servizio e costretto a consumare il pranzo portato da casa in una stanza separata, lontano dai propri compagni o addirittura a tornare a casa.
Purtroppo il comune lombardo non è il solo in cui avvengono cose di questo tipo, infatti in Italia non esiste un criterio omogeneo che stabilisca le quote della mensa o i criteri per aver diritto alle esenzioni.
Città in cui non sono previste esenzioni a famiglie con reddito basso o con situazioni di disagio elevato
I comuni di Verona, Reggio Emilia, Vigevano, Brescia, Genova, Napoli, Perugia, Torino, Aosta, Udine, Catania e Sassari esonerano dal pagamento della mensa solo i minori segnalati dai servizi sociali. Nel caso di Genova ne sono esenti anche i figli di rifugiati o di famiglie particolarmente numerose, come previsto anche dai comuni di Verona, Ancona e Bari.
I comuni che applicano le esenzioni seguono criteri non omogenei a livello nazionale
Si va da un’esenzione basata su un tetto ISEE di zero Euro a Perugia fino a Potenza che prevede un’esenzione completa per i nuclei con ISEE fino a 8.000,00 Euro e Trieste fino a 7.250 Euro. Alcuni comuni inoltre prevedono esenzioni per famiglie particolarmente svantaggiate, in cui sia sopravvenuta per esempio una disoccupazione, come nel caso dei comuni di Genova, Bari e Cagliari. A Lecce non pagano la mensa anche i bambini delle comunità rom, al fine di favorirne l’integrazione. Rispetto al quantum della contribuzione, benché tutti i comuni mappati prevedano una modulazione delle tariffe in base al reddito e a particolari condizioni del bambino (per esempio in adozione, affidamento o segnalato dai servizi sociali) e della famiglia saltano all’occhio le notevoli differenze da città a città. Si va da una tariffa minima mensile di 5 Euro a Napoli, 7 Euro a Salerno, fino a 72 Euro a Vigevano, 66 Euro a Brescia e 53 Euro a Campobasso. La tabella di seguito riporta una sintesi delle prassi migliori e peggiori in Italia. Qual è la tua esperienza in merito? Nella scuola dei tuoi figli si sono verificate situazioni di questo tipo? Scrivi qui la tua esperienza, per aiutarci ad avere un quadro ancora più chiaro della situazione.