Ponte di Nona visto con gli occhi dei ragazzi del Punto Luce
“Ponte di Nona” è il video realizzato dai ragazzi del Punto Luce e in cui ognuno di loro ha messo a nudo, con semplicità, la propria esperienza vissuta nel quartiere della periferia romana.
È stato presentato al Festival del corto e mediometraggio di Tor Bella Monaca tenutosi lo scorso Giugno e ha vinto il primo premio.
Frutto di un percorso di consultazione condotto all'interno del Punto Luce di Ponte di Nona, questo progetto nasce dalla volontà di ascoltare i ragazzi per poter proporre attività ed interventi quanto più possibili vicini alle loro reali esigenze e aspirazioni.
Abbiamo raccolto la testimonianza di Stefano Cipressi di Fujakkà Lab, Antonella Inverno e Francesca Sangermano che hanno accompagnato i ragazzi in questo percorso.
- Come è nata l'idea di fare il cortometraggio? Dagli operatori o dai ragazzi?
L’idea è nata dagli operatori, ma è stata sviluppata insieme ai ragazzi.
Diverso tempo fa abbiamo sperimentato, nell'ambito del progetto Tuttomondo, la metodologia del lavoro sociale attraverso il video grazie alla collaborazione con gli operatori di CivicoZero Roma, nostri partner del progetto, scoprendone così le grandi potenzialità educative.
La telecamera diventa il filtro con cui si esplora la realtà, ma anche uno strumento che protegge. Lo scopo è quello di costruire uno spazio di relazione protetto e alla pari, dove tutti gli attori coinvolti nel processo si possano sentire liberi di mettersi in gioco, imparando ad ascoltare se stessi e la realtà esterna e rispettando il tempo di ognuno, necessario per poter accedere ad una rielaborazione del proprio vissuto e per prendere coscienza dei propri limiti e potenzialità.
- Come avete lavorato per realizzare il cortometraggio? I ragazzi hanno ideato tutto o sono stati guidati?
I ragazzi hanno deciso cosa raccontare di Ponte di Nona, sono stati lasciati liberi di esplorare il quartiere con le videocamere e di raccontarlo agli operatori.
Durante le passeggiate per le strade i ragazzi riprendevano e commentavano, senza alcun filtro, le situazioni di degrado degli spazi. Ne è scaturito un video costruito a poco a poco, con diversi punti di vista, che ha rispettato i punti programmatici che ci eravamo dati: produrre uno sguardo dal basso, non esigere troppo a livello tecnico e allo stesso tempo approfondire le tematiche e i pensieri dei ragazzi del centro su ciò che avevano intorno.
In un secondo momento, sempre con la supervisione degli operatori, si è passati alle interviste di gruppo e individuali; all'inizio, di fronte alla videocamera, molti dei ragazzi avevano difficoltà ad esprimersi, specie sui temi più delicati.
Con il passare del tempo, però, si è instaurato un rapporto di fiducia col mezzo e con gli operatori e abbiamo visto diversi di loro aprirsi e raccontare la propria vita, i propri sogni, le proprie frustrazioni, i propri desideri per il futuro.
Il video partecipativo si è rivelato uno strumento ottimo di comprensione e di racconto in prima persona per la sua capacità di mostrare pezzi di territorio e, allo stesso tempo, per la sua abilità di definire la relazione tra i territori stessi e chi li vive. Superata la fase di diffidenza verso la videocamera, i ragazzi si sono sentiti a proprio agio nel portare fuori dal loro quartiere le rivendicazioni legate al proprio vissuto tramite il video.
Le indicazioni tecniche che venivano date sono state accolte bene e, a poco a poco, molti dei partecipanti al laboratorio hanno dimostrato anche una notevole attenzione al lato estetico delle riprese.
Una volta, quindi, che le esigenze tecniche si sono unite alla volontà dei ragazzi di strutturare e portare a termine il cortometraggio, il lavoro si è fatto sempre più interessante fino alla produzione di "Ponte di Nona", un film che ha dato ai ragazzi, e a noi, diverse soddisfazioni.
- Qual è il contesto del quartiere, come vivono questi ragazzi e come li supportiamo con il Punto Luce?
Ponte di Nona vecchia è un quartiere estremamente problematico che, come spesso avviene nelle zone dell’estrema periferia metropolitana, stenta a trovare un’identità condivisa e mostra un’alta conflittualità sociale, un fiorire di attività illegali, un alto tasso di dispersione scolastica e di disoccupazione e di carriere giovanili devianti.
Non è difficile definire il quartiere. Manca quasi tutto: collegamenti stradali, autobus, strutture ospedaliere, aree attrezzate per i bambini, cinema e luoghi per la cultura e per l’incontro.
È in contesti come questo che si rivela necessario puntare l’attenzione sui bisogni dei ragazzi e potenziare con essi il dialogo perché possano avere un’opportunità reale di diventare “agenti del cambiamento”, accrescendo la capacità di lettura e comprensione del proprio contesto di vita.
Per questo, all'interno del Punto Luce i ragazzi e le ragazze del quartiere possonousufruire di diverse attività: sostegno allo studio, laboratori artistici e musicali, gioco e attività motorie, promozione della lettura, accesso alle nuove tecnologie.