Quando cominicia la risposta alle emergenze
A partire da oggi vi racconteremo insieme a Gianluca Ranzato e Federico Cellini come si svolge la risposta a un emergenza.
Gianluca Ranzato si occupa di sviluppo ed emergenze umanitarieda 12 anni. Ha lavorato soprattutto in Mozambico e nel Sud e Sud Est Asiatico. Lavora con Save the Children Italia nel coordinamento del team di esperti umanitari coinvolti nella risposta di Save the Children alle situazioni di emergenza internazionali.
Federico Cellini si occupa di sviluppo ed emergenze umanitarie da 7 anni. Ha lavorato principalmente sul territorio nazionale. Lavora con Save the Children Italia nel coordinamento del team di esperti umanitari coinvolti nella risposta di Save the Children Italia alle situazioni di emergenza Nazionali.
Quando comincia la risposta ad un emergenza?
Gianluca - Innanzitutto è necessario capire che il primo passo di ogni risposta ad un’emergenza comincia anni prima che si preveda il rischio reale di una crisi. Federico – Occorre lavorare con le istituzioni e la società civile per chiedersi cosa faremmo nell’eventualità di una catastrofe per minimizzare il danno.
Potreste spiegare meglio?
Federico – Dobbiamo partire dal concetto che la crisi esiste solo in quanto conseguenza di una calamità naturale. L’impatto della crisi, della catastrofe, dipende dalla scala dell’impatto sulla società e sull’ambiente. Noi con le nostre scelte di organizzazione sociale possiamo limitare la portata dell’impatto.
Gianluca – Scelte relative a come coltiviamo la terra, dove e come costruiamo le nostre case, cosa insegniamo a scuola ci rendono più vulnerabili o più capaci di adattarci ad una situazione di crisi, mitigandone l’impatto.
Quindi la Disaster Risk Reduction ...
Federico - ... è la teoria e pratica che si pone l’obiettivo di ridurre l’impatto di un disastro, studiando e sviluppando pratiche per ridurre l’esposizione a una calamità, rendendo la gente e le infrastrutture meno vulnerabili e migliorando la prontezza di fronte ad eventi avversi.
Gianluca – Se potessimo usare tre parole chiave sarebbero:
- prevenzione (ridurre o eliminare le cause della vulnerabilità, per esempio del suolo o delle infrastrutture)
- prontezza (mettere la collettività in condizioni di una reazione immediata tramite procedure prestabilite e comportamenti virtuosi diffusi
- mitigare (fare in modo che l’entità dell’impatto sia minore possibile).
Potreste fare qualche esempio?
Gianluca – Per esempio a livello internazionale, in Nepal abbiamo supportato lo sviluppo di un piano di comunicazione e coordinamento permanente tra le istituzioni sanitarie e ospedaliere di Kathmandu per permettere il tempestivo incremento di ricettività da parte delle strutture sanitarie coinvolte. Questo nell’eventualità di un disastro con il conseguente aumento di persone con bisogno di cure immediate porterà ad una riduzione dei tempi di attesa e ad un aumento dell’efficienza di risposta con la conseguente riduzione del numero di vittime tra la popolazione colpita. Allo stesso tempo abbiamo proceduto con la formazione dello staff di medicina di urgenza. In altri paesi come in Albania, Bosnia e Pakistan abbiamo invece lavorato con le scuole per diffusione di buone pratiche presso i minori, e la diffusione di procedure attente alle necessità dei bambini.
Federico – Per Save the Children Italia il focus sul nostro territorio è quello di condividere con la popolazione, con il Dipartimento di Protezione Civile e tutta la rete nazionale di attori coinvolti a vario titolo negli interventi di risposta alle emergenze, orientamenti, linee guida e buone prassi da poter applicare durante le diverse fasi di intervento al fine di preparare la popolazione e di conseguenza di proteggere bambini e adolescenti. Per esempio nel 2014 abbiamo realizzato dei workshop nel Pollino (area ad alto rischio sismico) con diverse associazioni del territorio per rinforzare la resilienza su tre livelli, individuale, familiare e comunitaria, sensibilizzando il territorio sui rischi e diffondendo buone pratiche da adottare in caso di emergenza. Nella stessa ottica abbiamo formato i pediatri di base delle ASL della regione Basilicata al fine di renderli capaci di gestire interventi pediatrici di emergenza rendendoli autonomi in caso di isolamento causato da catastrofe naturale. O sempre nel 2014 in Calabria abbiamo realizzato dei workshop con gli adolescenti per evidenziare i rischi del territorio, diffondere la conoscenza dei piani comunali di emergenza e ed elaborare con loro delle proposte da inserire nei piani comunali stessi al fine di sensibilizzare le municipalità a considerare la voce dei ragazzi come parte integrante delle comunità a rischio.
Le emergenze non si possono prevedere. Ma prevenire sì. Per questo Save the Children ha creato il Fondo Emergenze: per portare soccorso dove serve, immediatamente. Spesso, infatti, raccogliere i contributi e organizzare gli interventi richiede molto tempo, troppo. Soprattutto per i bambini, i più deboli di fronte a fame, malattie, violenza. Senza famiglia e senza più nessuno che si occupi di loro, molti bambini rischiano di morire nei primi, critici giorni dell'emergenza. Ma insieme, possiamo salvarli, per saperne di più o aiutarci visita la pagina dedicata al Fondo Emergenze per bambini.