Giorno dopo giorno, vederli crescere dentro… questo è il volontario per Save the Children
In occasione della Giornata mondiale del volontariato che si celebra oggi 5 dicembre, vi riportiamo la testimonianza di Elisabetta, che dal 2015 a Milano è volontaria presso il centro educativo di Fuoriclasse, programma contro la dispersione scolastica.
- “Prof, domani c'è la verifica di inglese”
- “Non sono una prof”
- “Ok, però mi aiuti?”
Questo, è il volontario.
Non è un professore, non è un genitore, non è un professionista. È uno che di sua volontà si caccia in un mare di meravigliosi, fantastici, straordinari, assurdi guai.
E dire che lo sapevo.
Quell'esperienza a Kinshasa con i bambini di strada prima, e quei tre anni in giro per centri milanesi di sostegno allo studio poi, mi avevano già dato dei chiari segnali. C'era da rimboccarsi le maniche, dar fondo a ogni singola briciola di entusiasmo per cercare di alleggerire il carico. Sì, perché certi bambini portano dei carichi molto più grandi di loro. E chi glieli ha dati? Noi. Gli adulti. Bella roba, eh?
Ma torniamo al volontario.
Un bel giorno di primavera a Milano c'era l'Expo. Camminavo a zonzo tra gli stand, quando ho visto il Villaggio di Save the Children. Ho consegnato il mio entusiasmo e la mia piccola esperienza nelle loro mani e nel giro di un mese ero assoldata nello staff dei volontari al centro educativo Fuoriclasse di Quarto Oggiaro.
Caspita, mai decisione fu più significativa nella mia vita!
Un centro super organizzato, uno staff di operatori delicati nei modi ma forti nel percorso. In una parola, molto preparati e questo è un bell'appoggio per chi è volontario e non sempre ha competenze professionali.
Quarto Oggiaro è un quartiere difficile, segnato da una storia cittadina che ha alimentato la sua fama di quartiere di periferia, si sa. E le regole, sono quelle di un quartiere difficile.
Ma Fuoriclasse è un'isola. Bella, perché l'educazione passa dalla bellezza: ambienti puliti, scrivanie e tavoli bianchi, seggioline rosse, tanti libri, cartine geografiche. E un bel pacco di giochi per i più piccoli. Cinque giorni alla settimana i bambini e i ragazzi arrivano e si studia insieme.
Oddio, detta così sembra facile. Ma immaginate di avere a che fare con un retroscena di famiglie in difficoltà; i ragazzi sono abituati a cavarsela da soli e non sempre questo vuol dire che la se la cavino bene. Inoltre, ci sono tante culture e lingue diverse che si incontrano.
Insomma, difficoltà varie e sparse rappresentano la sfida quotidiana, condita da quei momenti di totale indisciplina tipici dell'adolescenza, che da un attimo all'altro ti sembra di essere in mezzo a una carambola di petardi impazziti.
Devi calmare o devi stimolare, a volte contemporaneamente, e fai una fatica blu ma sai che tu hai gli strumenti e loro no. Devi inventarti ogni quarto d'ora un nuovo approccio per dribblare i tanti “sono stanco”, “tanto non ci riesco”, “tanto mi bocciano”.
Ma lo fai, perché sai che arriverà quel giorno.
Il giorno in cui non guardano più il cellulare ma il libro, il giorno in cui attorno a un mappamondo seguono i tuoi racconti di viaggio che contrabbandano micro lezioni di geografia, di storia, di scienze, il giorno in cui si parte da una canzone rap e si arriva a capire il genitivo sassone, il giorno in cui giochi a recitare un brano di antologia e poi finito li scopri a prendersi un libro dalla biblioteca per leggerselo a casa.
È tutto qui. Ancora non lo sanno, ma stai facendo per loro la differenza tra essere gli ultimi nella vita e essere qualcuno che la vita, a modo suo, potrà prenderla in mano.
Giorno dopo giorno, li vedi crescere dentro. E tu, volontario, ti senti immensamente piccolo ma immensamente felice.
Elisabetta Gatti