Terremoto Nepal 6 mesi dopo: la vita che ritorna normale fra i banchi di scuola
A sei mesi dal devastante terremoto che ha messo in ginocchio il Nepal, vogliamo riportare la bellissima testimonianza di Kiran Joshi, un membro del nostro staff a lavoro per far ritornare le cose alla normalità.
Kiran ci racconta di come hanno potuto riaprire la scuola, grazie al supporto di molti, infatti, più di 100 bambini hanno potuto riprendere la propria vita, partendo dai banchi scolastici.
Subito dopo il terremoto, lessi sui giornali della veloce risposta all'emergenza di Save the Children. Ero deciso a unirmi a questa iniziativa per aiutare gli amici nepalesi.
Avevamo destinato il 10% del nostro stipendio alle persone colpite da questa orribile catastrofe, ma in me si era accesa la passione di andare sul campo per contribuire in prima persona.
Fui selezionato per guidare gli interventi di emergenza in materia di educazione nel distretto di Rasuwa: Io vivo in Nepalgunj e avevo solo sentito parlare di questo distretto fino ad allora, ma sapevo che avrei usato tutte le mie capacità per garantire ai bambini un nuovo inizio scolastico nelle nostre aree di intervento.
Quando comunicai ai miei genitori la mia decisione, loro non hanno esitato un attimo perché mi hanno sempre insegnato ad aiutare gli altri nel bisogno. Così, con l'incoraggiamento della mia famiglia, ho viaggiato verso Rasuwa: qui le strade erano talmente danneggiate e pericolose che ci sono volute più di 8 ore per raggiungere il distretto, quando normalmente ce ne vogliono non più di 5. Per un tipo da pianura come me, camminare su un percorso collinare è stata letteralmente una battaglia in salita.
La prima cosa che ho fatto una volta arrivato è stato coordinare gli stakeholder amministrativi locali: questo ci ha aiutato a immaginare un futuro condiviso sull'educazione nel territorio. Dopo di che il nostro team ha sentito i genitori cercando di convincerli che fosse importante il proseguimento degli studi; siamo stati accolti da una profonda resistenza e in molti ci hanno ripetuto "Non abbiamo un posto dove stare e niente da mangiare, come potete chiederci di mandare i nostri figli a scuola?".
Ma la verità era che i genitori spesso dovevano percorrere lunghe distanze per ricercare del cibo, carburante e beni di prima necessità, mentre i bambini venivano lasciati incustoditi ed erano vulnerabili. A questo punto decidemmo che dovevamo cambiare approccio: abbiamo iniziato a ripulire i detriti intorno alle scuole e gli spazi aperti. Ben presto, alcuni genitori si sono uniti a noi e poi tutta la comunità ha iniziato a sostenerci.
Abbiamo camminato per giorni in altri villaggi ripetendo i nostri passi, una volta addirittura camminammo per un giorno e mezzo: solo così abbiamo potuto recuperare la scuola nella regione. Attraverso un coordinamento con le autorità educative locali, siamo stati in grado di riaprire le scuole per la data prevista.
Non potrò mai dimenticare quel giorno in cui più di 100 bambini corsero alla scuola che avevamo costruito. Questa è stata la mia più grande soddisfazione e un momento di grande orgoglio. Avevamo lavorato quasi come matti. I risultati erano sotto gli occhi di tutti, avevamo completato tutti i corsi di formazione cosicché tutti fossero attrezzati al meglio per ritornare alle loro vite normali.
Naturalmente ci sono stati un sacco di ostacoli: la squadra prima di noi aveva montato le tende, così da farci avere un posto in cui stare, ma non eravamo assolutamente abituati al cibo in scatola. Per più di una settimana siamo sopravvissuti con pochissimo cibo. Una volta ottenuto il permesso di comprare le patate dagli abitanti del villaggio, le abbiamo bollite per i nostri pasti e questo ci ha sostenuto per i restanti 15 giorni. Date le condizioni di Rasuwa, abbiamo perso ogni contatto con i nostri familiari per due settimane. Tuttavia non ho alcun rimpianto.
Questa esperienza mi ha reso grato per la vita meravigliosa che ho, fatto apprezzare i piaceri più semplici come un pasto ben cotto o una casa in cui poter vivere. Se non altro, sono orgoglioso di quello che nel mio piccolo sono stato capace di fare per rendere migliore la vita di qualcuno in un periodo così incerto.
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