Rifugiati e migranti in Grecia in condizioni drammatiche: non abituiamoci alla disumanità
Dei circa 890.000 migranti e rifugiati arrivati in Europa nel 2015, più di 740.00 sono sbarcati in Grecia, dove siamo presenti sulle isole di Samo, Chio e Lesbo, ad Atene e al confine settentrionale.
Anche per Daniele Timarco, che in qualità di Direttore dei Programmi Internazionali di Save the Children Italia ha una lunga esperienza nella risposta alle emergenze, l’impatto con la drammatica situazione dei rifugiati e migranti in Grecia è stato molto duro.
Ce lo racconta in questa toccante testimonianza:
Sono appena rientrato da una visita in Grecia per vedere di persona le sfide che rifugiati e migranti si trovano ad affrontare e per vedere il lavoro che Save the Children sta portando avanti per gestire la crisi. La risposta in Grecia mi ha particolarmente colpito.
Ho visto e lavorato su molte risposte di emergenza nei miei sette anni come Direttore dei Programmi Internazionali per Save the Children Italia, ma questa crisi e l'intervento di risposta sono sicuramente molto diversi dai contesti in cui lavoriamo solitamente.
È difficile spiegare i sentimenti contrastanti che ho provato arrivando a Lesbo e vedendo la situazione. Posso riassumere dicendo cheè inaccettabile e surrealee che qui la presenza di Save the Children è necessaria.
Lesbo in estate è una località di villeggiatura, con idilliaci villaggi di pescatori, bellissime spiagge, hotel per le vacanze e l'economia dell'isola è fortemente legata al turismo. Ma, di fianco a tutto questo, vi sono anche i campi profughi per le migliaia e migliaia di persone che arrivano dal mare in cerca di pace e sicurezza.
Nei campi che ho visitato, le persone rimangono - a volte per ore, a volte per giorni - in condizioni critiche, tra le peggiori che abbia mai visto. I campi sono in realtà solo zone di fango e rifiuti, discariche con persone accampate tra i rifiuti. Non è decisamente il posto per un bambino e il contrasto tra questi due mondi è surreale.
Noi, come Save the Children, siamo esperti nell'allestimento di campi nei paesi in via di sviluppo in tutto il mondo. In alcuni dei contesti più impegnativi potremmo in parte aspettarci condizioni di questo tipo, ma in un contesto europeo, contrapposto a confortevoli resort e alle bellezze naturali dell'isola, tutto questo è sorprendente e inaccettabile.
Quando rifugiati e migranti arrivano a Lesbo, spesso pensano che sia la fine delle loro sofferenze. Ma non è così. Il resto del viaggio è ancora pieno di incertezze e accompagnato da un grande punto interrogativo.
Ho incontrato una madre con un bambino di 10 giorni avvolto in una coperta. Hanno attraversato il Mediterraneo insieme in una piccola barca, sentendosi fortunati di essere arrivati, ma mi chiedo cosa ne sarà del loro futuro.
Saranno al sicuro nel paese di destinazione? E cosa succederà dopo? Ci sono più di 15 diverse nazionalità di rifugiati e migranti che vivono nei due campi di Moria e Kara Tepe (Lesbo), la maggior parte sono siriani e afghani, ma ci sono molte altre diverse nazionalità, fazioni e gruppi, e nei campi rischiano di scatenarsi gravi tensioni.
Le persone sono disperate. Vogliono solo andare avanti. Dopo tutto quello che hanno dovuto affrontare, dopo aver attraversato mari agitati a bordo di inconsistenti gommoni sovraffollati, si trovano ora ad affrontare il freddo e le poco igieniche e tese condizioni nei campi, forse anche le rivolte, i gas lacrimogeni, i cani della polizia e le brutalità lungo il loro viaggio attraverso l’Europa.
Quello che mi colpisce di più della crisi è l'incapacità dei governi europei di gestire la situazione. È inaccettabile che i sistemi per la gestione degli arrivi dei barconi sulle spiagge siano così caotici e che i processi vitali, come la distribuzione di cibo nei campi, siano così scoordinati. Le autorità locali semplicemente non riescono a gestire la situazione.
Naturalmente le infrastrutture greche hanno i propri problemi in questo momento e questa è una grande crisi senza precedenti. Lo capisco, semplicemente non posso accettarlo. Al contrario, sono molto contento di dire che la nostra squadra e il nostro intervento stanno funzionando bene. In un primo momento, quando le famiglie sono arrivate a Lesbo, hanno dovuto camminare per più di 70 km per raggiungere il punto per la registrazione. Per mesi, insieme ad altre organizzazioni, abbiamo fornito un servizio gratuito di autobus per i nuovi arrivi verso il punto per la registrazione, risparmiando a più di 61.000 persone (di cui circa 20.000 bambini) il faticoso viaggio a piedi. Nei campi forniamo anche servizi di base e Spazi a Misura di Bambino per migliaia di bambini, e abbiamo distribuito un pasto caldo al giorno a circa 146.500 persone, di cui circa 31.000 sono bambini.
Con le attuali politiche e le paure che circondano questa crisi dobbiamo ricordare che un bambino è un bambino, prima di essere un rifugiato o un migrante. Sono incredibilmente orgoglioso di quello che stiamo facendo, in collaborazione con alcuni partner e preziosi volontari, per fornire luoghi in cui i bambini possano essere bambini nella loro dimensione, protetti da tutto ciò che sta accadendo intorno a loro.
Presto ricoprirò il ruolo di Humanitarian Director a Save the Children International e in questo nuovo ruolo mi adopererò per un impegno sempre maggiore sul fronte dell’advocacy. È chiaro che, per noi, essere in grado di fare di più per i bambini, soddisfare davvero la nostra ambizione sulla sopravvivenza e la protezione dei minori, significa fare di più nel nostro lavoro di advocacy, non solo a Londra o Bruxelles, ma anche qui in Grecia, dove abbiamo bisogno di essere la voce dei bambini sulle spiagge, nei campi e al confine.
Abbiamo bisogno che l’advocacy sia collegata al meglio ai programmi, per avere la forza necessaria per fare la differenza. I bambini e le loro famiglie in questi campi hanno bisogno e meritano servizi decenti. Quello che sta accadendo in Europa ora è inaccettabile. Dobbiamo fare la differenza, perché ciò a cui stiamo assistendo è una violazione dei diritti umani fondamentali.