Le storie dei bambini sotto il controllo dell'Isis che non avremmo voluto raccontare
In Iraq sono oltre un milione i bambini che hanno vissuto sotto il controllo dell’Isis, costretti a subire tremende violenze fisiche e psicologiche attraverso lavaggi del cervello e lezioni finalizzate solo a trasformarli in combattenti. Di seguito tre drammatiche testimonianze.
Il racconto di Hamid, padre di 5 bambini:
"Ai bambini insegnavano come costruire bombe. Nel cortile della scuola c’era un grande televisore che trasmetteva immagini di propaganda: mostravano loro come uccidere, costruire bombe suicide e tagliare teste. Solo i maschi potevano frequentare la scuola, ma noi genitori facevamo il possibile per proteggerli e tenerli a casa nonostante le pressioni dell’Isis. Ripetevamo ai nostri figli di non credere a ciò che veniva loro insegnato, volevamo che capissero che quello non era il vero Islam".
Il racconto di Karim, padre di 4 figli:
“Molti bambini, anche piccoli, venivano reclutati a scuola. Alcuni di loro mi hanno riferito che l’Isis li portava per 40 giorni nella loro base per addestrarli e insegnava loro che uccidere militari era halaal (lecito). Reclutavano tra 50 e 100 bambini per volta; molti di loro sono poi rimasti uccisi nei combattimenti.
I miei figli vivevano in una condizione di paura costante e per me era molto frustrante doverli tenere lontani da scuola per proteggerli. La situazione per le mie figlie era molto dura: avevano paura e piangevano tutto il tempo, scosse da tremori e palpitazioni. Voglio che i miei figli ricevano un’educazione e trovino un lavoro. La cosa più importante per loro è saper leggere e scrivere”.
Mentre le forze irachene continuano a combattere per il controllo della città di Mosul, il numero delle persone sfollate a causa dei combattimenti dall’inizio dell’offensiva, lanciata il 17 ottobre, è salito a 34.000: un aumento del 50% in pochi giorni. Di queste, oltre 1.000 famiglie vivono ora nel campo di Jad’ah, a sud di Qayyarah.
La testimonianza del Direttore di Save the Children in Iraq, Maurizio Crivellaro:
“I bambini e i loro genitori ci hanno riferito che, durante la crisi, la loro priorità era l’educazione, che per loro rappresenta la chiave per il futuro e non può essere rimandata. Questi bambini hanno già perso una parte troppo importante della loro infanzia, per questo abbiamo costruito delle aule temporanee nel campo, per permettere ai bambini di ricominciare a imparare il prima possibile. Nessun bambino innocente dovrebbe essere esposto a questo tipo di insegnamenti a scuola. È essenziale riportarli a un ambiente scolastico sicuro e positivo, dove possano iniziare il processo di recupero e ritrovare speranza per il futuro.
I bambini sono euforici all’idea di cominciare. Appena abbiamo allestito le classi, hanno cominciato a radunarsi e a sbirciare con curiosità. A giudicare dai sorrisi che avevano sul volto, sapevano bene che si trattava di una scuola ed erano entusiasti all’idea di ritornare alla normalità.
Gli insegnanti stanno svolgendo attività ludiche e ricreative prima di procedere con le competenze di base di lettura e di calcolo. Tutti i bambini sfollati avranno bisogno, infatti, di frequentare lezioni informali o di recupero almeno per i primi mesi, prima di poter essere valutati e assegnati a scuole formali a seconda del loro rendimento, come disposto dal Dipartimento dell’educazione”.
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