L'infanzia interrotta dei bambini rohingya
Le testimonianze raccolte in un rapporto lanciato da Save the Children, World Vision e Plan International in occasione dei sei mesi dall’inizio dell'emergenza dei Rohingya, periodo di tempo durante il quale almeno 688.000 rifugiati, oltre metà dei quali bambini, sono scappati dallo stato del Rakhine e hanno trovato riparo in fragili tende di plastica negli insediamenti sovraffollati di Cox’s Bazar, evidanziano alcune delle più grandi preoccupazioni delle bambine e dei bambini che vivono nel campo.
Tra le preoccupazioni manifestate, emerge quella espressa dalle ragazze che, come spiegato ai ricercatori, hanno paura di usare i bagni dei campi, a causa del timore di subire molestie; si trovano così, spesso, ad attendere per ore, fino a quando “gli uomini se ne vanno”. I ragazzi, invece, hanno raccontato di essere spaventati per le condizioni di sicurezza delle proprie tende, fatte di bambù e plastica: “A volte vengono i ladri e rubano le nostre cose. Non abbiamo modo di chiudere le tende” racconta un giovanissimo rifugiato.
Più bambini, inoltre, hanno rivelato di temere il momento della raccolta della legna per il fuoco a causa di coloro che chiamano “uomini della foresta” – secondo quanto riferito si tratterebbe di persone in agguato nel bosco, pronte a picchiarli e a urlare loro contro -, così come della presenza di animali selvatici quali elefanti e serpenti. “Tutti quanti siamo in pena quando raccogliamo la legna. Una volta una ragazza è stata stuprata mentre lo faceva, era notte”, ricorda una bambina.
Anche il rischio di divenire vittime del traffico di minori è tra le principali preoccupazioni indicate dai bambini: alcuni affermano di trascorrere molto tempo a casa per restare al sicuro e spiegano di spostarsi in gruppo quando devono lasciarla. Un timore condiviso anche dalle madri. Una di loro, intervistata, mette in guardia circa il fatto che i “rapitori si aggirano, potrebbero prendere i nostri bambini”. Sono almeno 28 i casi di traffico di minori, finora confermati, che hanno avuto luogo nei campi di Cox’s Bazar da agosto, tuttavia gli operatori umanitari temono che il numero reale sia molto più alto.